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La corte di Ludovico il Moro

1823

Giuseppe Diotti  (Casalmaggiore, 1779 - 1846)

Considerata nell’Ottocento una delle opere più importanti e famose di Giuseppe Diotti, costituisce un potente archetipo visivo-storiografico sull’identità italiano-lombarda di quel secolo, identità che trovava un punto di forza nell’età di Ludovico il Moro (fine del Quattrocento) e nella straordinaria presenza a Milano di Leonardo da Vinci.

Diotti eseguì questo dipinto nel 1823 su committenza del conte Giacomo Mellerio per la sua Villa del Gernetto, in Brianza. Artista e committente si trovarono evidentemente in sintonia nel realizzare il grande quadro concepito come un gioco di specchi fra l’epoca raffigurata e quella contemporanea.

Per realizzare un’opera così attenta alle fisionomie dei personaggi, ai colori e ai costumi, oltre che all’ambientazione architettonica, Diotti attinse ad una pluralità di fonti iconografiche, ricorrendo anche alla consulenza dei suoi coltissimi amici.

Ma vediamo nel dettaglio chi sono i protagonisti della scena: a sinistra un paggio apre la porta al Segretario di Stato Bartolomeo Calco per farlo entrare nella sala in cui è riunita la corte di Ludovico il Moro. L’azione principale vede Leonardo da Vinci che sta mostrando il disegno per il Cenacolo al duca che gli aveva commissionato il progetto. Accanto al duca sono seduti la moglie Beatrice d'Este e il fratello, il Cardinale Ascanio Sforza, mentre intorno a loro, oltre a Leonardo, sono riconoscibili i grandi personaggi del mondo della cultura e delle arti che frequentavano abitualmente la corte milanese: a sinistra l'architetto Bramante parla col matematico Frate Luca Pacioli, mentre alle spalle di Leonardo vi sono il musicista Franchino Gaffurio (che legge uno spartito), il poeta Bernardo Bellincioni (incoronato d'alloro) e lo storico Bernardino Corio (che reca sotto braccio un libro della "Storia di Milano").

In alcuni casi, laddove non disponeva di fonti iconografiche attendibili, Diotti diede ai personaggi del passato le sembianze di suoi amici: i bergamaschi Agostino Salvioni e Simone Mayr furono infatti ritratti rispettivamente nelle vesti dello storico Bernardino Corio e del compositore Franchino Gaffurio.

Deposito del Comune di Lodi - Museo Civico