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Uomo

anni '80 del XX sec.

Mario Pozzan  (Montefiorino, 1940 - Brescia, 2020)

La produzione di Mario Pozzan ha subito nel tempo grandi trasformazioni, eppure entro un percorso di singolare coerenza.

Da subito, quando negli anni Sessanta viveva a Casalmaggiore e studiava a Parma, al centro della sua ricerca c’è stato l’uomo: erano soprattutto disegni fortemente espressivi, ritratti di personaggi umili e marginali e di giovani donne, spesso in posa nell’atelier allestito nella soffitta della casa di Via del Lino. 

Trasferitosi dapprima a Milano, dove trovò lavoro nel campo dell’illustrazione editoriale e poi a Cremona, dove ha insegnato Decorazione pittorica per oltre vent’anni, seppur volontariamente sottrattosi al circuito del mercato e delle mostre, Pozzan ha continuato incessantemente a creare e sperimentare. Dalle tematiche di esplicita denuncia della condizione di alienazione dell’uomo nella civiltà contemporanea, la sua ricerca si è focalizzata sulla decostruzione-ricomposizione anatomica del corpo umano, con particolare riguardo al torso, non più inteso come frammento di bellezza ideale, ma come coacervo delle principali funzioni vitali dell’uomo. Ne sono derivate tele molto grandi, come questa, quasi barocca, sontuosa nell’esibizione di un’anatomia esplosa, sovversiva nel porre al centro della soggettività non la testa, ma la pancia.

Dagli sconquassati agglomerati d’ossa, organi e membra, l’artista ha poi via via cominciato a isolare singoli elementi che si sarebbero rivelati modulari e strutturali per la successiva fase di ricerca neocostruttivista in cui la pittura tende a uscire dal quadro, a farsi polimaterica e tridimensionale.

Questa è stata la parabola artistica di Mario Pozzan, inquadrata a tutto tondo solo negli ultimi due anni, grazie all’intuito di Andrea Visioli, promotore di due importanti mostre tenutesi al Museo Diotti e al Muvi di Viadana, poco prima che una morte improvvisa lo cogliesse quando era ancora nel pieno dell’attività.

Dono dell'Artista, 2018