L'atelier di Fabrizio Merisi

Il nome del luogo, la grande cascina di Castelnuovo del Vescovo (Pescarolo, CR, è già evocativo di una storia antica dove si mescolano il sacro e il profano, storia che in qualche modo sembra riflettersi nella cultura e nella pratica artistica del pittore Fabrizio Merisi (Crespi d’Adda, Capriate San Gervasio, BG, 1937) che qui vive e lavora.

L’ingresso allo studio, che non si trova nell’appartata casa padronale, ma in uno dei corpi abitativi destinati ai contadini, è nascosto da una gigantesca cascata di rosa banksiae, la cui potatura ha fornito i legnetti di cui sono composti i lavori più recenti. Varcata la soglia, la successione di stanze che ci attende dà corpo a una strana sensazione, quella di un viaggio temporale attraverso atelier via via abbandonati, set diversi della storia di un serial-pittore, sino a giungere, decantati i bagagli di una vita, al più recente cabinet bianco e asettico degli Inventari plastici dei pesci fasciati.

In questa sedimentazione di cultura materiale, di ricordi e oggetti d’affezione, che sono stati in più occasioni la sua tavolozza figurativa, come in molte opere prodotte nel suo primo studio a Milano, il disordine e l’accumulo generale della polvere formano uno strano contrasto con la protezione in vitro di tanti reperti, reiterata in pittura nell’ostensione di agglomerati organici e incontri apparentemente fortuiti di oggetti, teatrini intesi come vanitas-autoritratti, attraverso i motivi del vaso, dell’acquario, della teca e della vetrina, secondo una logica espositiva accostabile al contemporaneo lavoro museografico-museologico condotto da Merisi nel Museo del Lino a Pescarolo. (Valter Rosa)