È questo il primo autoritratto del pittore Mario Beltrami, nato a Casalmaggiore nel 1902 e formatosi all’Accademia di Brera sotto la guida di Ambrogio Alciati.
Nel 1930 aveva formato un sodalizio con altri due artisti casalesi più o meno coetanei, Aldo Mario Aroldi e Goliardo Padova: insieme si presentarono per un breve periodo come “I 3 del 900”, mostrandosi in questo modo aggiornati rispetto al movimento teorizzato da Margherita Sarfatti.
Trovando le sue premesse nella rivista “Valori Plastici” e nella pittura metafisica, Novecento caratterizzò tanta parte della produzione pittorica e scultorea degli anni ’20 e ’30 proponendo un sostanziale ritorno all’ordine: come alternativa alle moderne avanguardie, il movimento intendeva rifarsi alla più pura tradizione italiana dei primitivi (Giotto) e del Rinascimento con forte risalto delle forme volumetriche. I soggetti iniziali di Novecento erano quotidiani (paesaggi, nature morte o ritratti), ma proposti in una veste idealizzata che fece parlare, in alcuni casi, di “realismo magico”.
Al clima novecentista è riconducibile I due fratelli, del 1931: si tratta di un doppio ritratto (qui nella variante “con la sorella”), una tipologia di ascendenza rinascimentale riattualizzata da De Chirico e di larga fortuna in quel periodo.
In questo autoritratto Beltrami propone un’immagine molto raffinata e cerebrale di sé che reprime la sua più sincera vocazione coloristica e ogni naturalismo; la forma ovale della testa col curioso zucchetto e un solitario fiore bianco che si pone come emblema d’elezione e rarità, conferiscono all’immagine un aspetto quasi cardinalizio e un’aura spirituale, sottolineata anche dai toni spenti grigio-azzurri di gusto quasi chiarista.